Mi chiamo Luca De Gennaro, vivo a Roma, sono un giardiniere e da 37 ore e 16 minuti non raccolgo una pianta spontanea.

Qualche giorno fa ero in compagnia di un collega, avevo un occhio sul semaforo per evitare che il fastidioso clacson di turno mi esortasse a partire perché era scattato il verde e un altro occhio era sul verde del paesaggio romano post quarantena, selvaggio come non mai. Mi sono soffermato su un’aiuola spartitraffico, un’esplosione di Graminaceae, Brassicaceae, Asteraceae e altre piante spontanee che non conosco.

Per una frazione di secondo mi ha distratto il volo di un pappagallo e il clacson inesorabile mi avvisava che il semaforo era verde. Un bel Sad Trombone ci sta tutto.

Ingranando la prima ho detto al mio collega che la lussureggiante vegetazione spontanea era affascinante e piena di vita. Ma a lui non piaceva. Gli ho chiesto se fossero più belli gli oleandri troncati di netto ad altezza del guardrail e mi ha risposto che almeno gli oleandri fioriscono. Gli ho fatto notare che molte di quelle piante erano in fiore, a differenza degli oleandri, che potati così non fioriranno prima di Settembre.

Due giorni fa una cliente molto gentile, che chiamerò Signora Maria, ci ha chiesto di lasciare una pianta spontanea, un Verbascum sinuatum, sfuggita alle regolari manutenzioni interrotte dalla quarantena. Le piaceva, però cercava conferme da parte nostra, era una pianta spontanea e il suo dubbio era se fosse sbagliato lasciarla nel giardino vicino alle rose e alle peonie. La risposta è scontata, sulla percentuale di sconto mi affido al tuo buon senso.

In una piccola aiuola di un condominio ho trapiantato diverse erbacee perenni e ho lasciato una violetta che era del posto, quando sono tornato la violetta era stata strappata da un anziano condòmino, che si era presentato come esperto ortista e amante delle piante.

Come direbbe il buon Antonio ‘la domanda sorge spontanea’: quali sono le ragioni per cui la quasi totalità delle persone pensa che le piante spontanee e i paesaggi naturali non abbiano un valore ornamentale?

Esiste un pregiudizio cognitivo che Elisabeth Schussler e James Wandersee hanno definito Plant blindness. I due studiosi lo descrivono come l’incapacità delle persone di vedere le piante nell’ambiente circostante e meno si è a contatto con le piante e maggiore è il grado di miopia. Sembra lapalissiano ma secondo Schussler si può riconoscere solo quello che si conosce.

Ta-da. Ti invito ad approfondire la ricerca perché è molto interessante.

La maggioranza dei giardinieri e dei manutentori del verde, dei condòmini ortisti, delle signora Maria a cui piacciono i fiori recisi, degli arboricoltori, degli amanti di piante tropicali da interno, dei biotecnologi e compagnia ballante è abile a riconoscere le piante che gli interessano ed è altrettanto abile a escludere tutte le altre.

Quindi è lecito parlare di miopia progressiva.

Cito un altro pregiudizio cognitivo che viene definito da Valerio Rosso come Favoritismo di Gruppo e cioè: la tendenza delle persone a favorire individui e opinioni che rientrano nel proprio gruppo di appartenenza.

Questo pregiudizio non è edificante ma è ordinario, il problema è che applicato alle piante è disastroso e se a esserne vittima sono professionisti che si occupano di verde e che hanno l’incombenza di formare il substrato culturale e colturale allora è catastrofico, forse non ho esagerato abbastanza.

Noi professionisti e appassionati dobbiamo formare i clienti e dobbiamo creare empatia con le piante e in particolare con le spontanee, le erbacce, le malerbe, perché poi il resto è in discesa. Procedi comunque adagio.

Procedendo adagio su un tipico marciapiede romano ed evitando una buca nella quotidiana gincana metropolitana, ho notato, tra il cemento e l’asfalto, una Centranthus ruber, faccio ammenda ma non la conoscevo, e ho pensato di portarla in una delle mie aiuole. Sul mio profilo Instagram, Fotosintesi.giardiniere.roma, ho lanciato l’hashtag #sguardoaterra. Altre persone hanno aderito e tra queste c’è Mara Granzotto, un’esperta di rimedi floreali, che mi ha fatto notare che questa iniziativa porta l’attenzione al momento presente. Eureka!

Con lo sguardo a terra è un invito a essere reverenziali nei confronti di tutto il regno vegetale e in particolare verso le piante spontanee, è un esercizio di mindfulness, è la scoperta di quello che abbiamo intorno, ed è un gioco di investigazione, io chiedo aiuto a una delle tante App per il riconoscimento delle piante.

Sul livello di selvatichezza dei propri spazi verdi ognuno farà le sue scelte, se fossimo tutti Gilles Clément sarebbe la fine dei giochi, la conoscenza della pianta che stiamo per adottare e il buon senso ci eviterà di portare il convolvolo in un orto e soprattutto, anche se è superfluo, mi preme dire che l’adozione deve avvenire in ambienti antropizzati e non naturali, altrimenti arrecheremmo un grave danno.

Grow wild e come direbbe Nico ‘’aió abbassa lo sguardo’’.

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