È tempo di abbandonare la parola “gardening”? si chiede James Wong, etnobotanico e autore della rubrica dedicata al giardinaggio sul quotidiano inglese The Guardian.

Il fascino per il mondo naturale sembra legato ai nostri istinti umani più elementari. Trascorrere del tempo in spazi verdi non ha solo un effetto benefico, come dimostra il modo in cui può ridurre i livelli di stress e persino accelerare i tempi di guarigione negli ospedali.

Ma un numero crescente di prove scientifiche ora mostra che non ci piacciono solo le piante, abbiamo un bisogno fisico di condividere la loro bellezza.

Perché allora – si chiede James Wong – facciamo così fatica a coinvolgere le persone nel giardinaggio?

Se da un lato sono ancora pochi i giovani interessanti alla professione di orticoltore, dall’altro assistiamo al fiorire, nel mondo digitale, su piattaforme quali instagram, di un grande interesse per le piante.

E non è un fenomeno puramente estetico, un insensato contest popolare di belle immagini.

Questi gruppi sono riusciti a collegare persone di tutto il pianeta con interessi simili. Hanno dato vita ad una vera e propria generazione di società orticole che non sono necessariamente organizzate secondo i confini geografici tradizionali.

Molte di loro negli ultimi due anni sono anche uscite dal web per allestire nella vita reale, vere e proprie esposizioni florovivaistiche.

Ciò che incuriosisce del fenomeno è che questi giovani, fanatici del regno vegetale, generalmente non utilizzano i mezzi del giardinaggio tradizionale. E raramente visitano le principali fiere. In pochi anni hanno sviluppato nuove regole e una propria cultura orticola.

La cosa che incoraggia e allo stesso tempo lascia perplessi di questo movimento popolare, è che sembra creato quasi a dispetto del mondo del giardinaggio tradizionale.

Per James Wong, uno dei problemi chiave è nell’utilizzo dei molti eufemismi utilizzati in particolare online.

Basta guardare i tanti hastag che popolano i profili di instagram dedicati tutti al giardinaggio.

#plantdaddy, #plantparenthood, #crazyplantlady #urbanfarmer hanno praticamente sostituito le parole “gardener” e “gardening”.

In molti potrebbero pensare, soprattutto chi è alle prime armi, che si tratti solo di parole generiche, prive di particolari significati ma non è così perchè si portano dietro veri e propri bagagli culturali.

In particolare, quelli che aggiungendo il termine “vero” (vero giardiniere), suggeriscono una visione limitata di fare giardinaggio e di chi è autorizzato a partecipare.

James Wong sottolinea come, nonostante siano 20 anni che lavora da botanico professionista, raramente quando partecipa ad un evento orticolo, viene definito un “vero” giardiniere. Non solo, più è conosciuto l’evento e minori sono le probabilità che accada.

«Dunque, per quanto sia eccitante questo universo orticolo parallelo, non posso fare a meno di chiedermi se questo significhi una grande mancanza di condivisione delle informazioni, abilità e piante tra le generazioni.
La mia domanda ai plant lovers è: dobbiamo abbandonare il termine “gardening” per raggiungere nuove persone? O dobbiamo riappropriarci della parola dimostrando che è più inclusiva? Sono tentato di dire la prima, ma piuttosto spero nella seconda».

Autore James Wong

Fonte: The guardian